Centro di Psicologia
Umanistica ed Analisi Fenomenologico-Esistenziale”
Sabine Spielrein raccontata
da Elizabeth Marton nel film
"Mi chiamavo
Sabine Spielrein”
Sabine Spielrein fu un’autentica ma dimenticata pioniera
della psicoanalisi. Sabine Spielrein fu
una donna straordinaria, capace di pensiero profondo e innovativo: anticipò
molte intuizioni della più famosa Melania Klein, la “baby observation” di
Donald Winnicott. Alla sua riflessione
attinsero Carl Gustav Jung e Sigmund Freud: il primo, grazie a lei, elaborò il
concetto di Anima (componente femminile della psiche dell’uomo) e quello di
controtransfert; il secondo il concetto di Thanatos (l’istinto di morte). Ma Sabine rimase schiacciata dai due giganti
che si comportarono nei suoi confronti in modo poco nobile e con quella misoginia maschile cui neanche i
grandi uomini riescono, talora, a sottrarsi. Sabine da paziente e
collaboratrice era diventata anche l’amante di Jung, il quale ad un certo
punto, spaventato dal mettere a repentaglio la sua onorabilità, troncherà bruscamente la relazione e, per
avere consiglio e comprensione, si rivolgerà a Freud. Questi sosterrà Jung perché, presumibilmente, intravedeva in Jung,
non ebreo, l’erede utile alla diffusione
della psicoanalisi e alla affermazione della nuova scienza che andava costruendo. Così il
“fattaccio” fu coperto ed insieme furono coperti la storia di Sabine e il suo
ruolo di pensatrice e pioniera della psicoanalisi.
Di Sabine nulla
avremmo saputo se un carteggio (tra
Sabine,Jung e Freud) e un Diario, trovati per caso negli scantinati del Palais
Wilson di Ginevra (1977), non fossero arrivati nelle mani di Aldo Carotenuto( 1980),
psicoanalista junghiano, il quale ne fece un
saggio ponendo, così, questo
personaggio all’attenzione della comunità scientifica. L’esistenza di Sabina era conosciuta agli
studiosi: si sapeva che era stata una delle prime psicoanaliste, che aveva
scritto parecchi saggi, che era stata inserita negli elenchi delle Società
psicoanalitiche di Vienna, Berlino, Ginevra e Mosca. L’idea che Sabina avesse
potuto essere un personaggio molto più consistente era emersa con la
pubblicazione del carteggio Freud-Jung nel 1974 che fece anche conoscere la storia della vicenda amorosa Jung
–Sabina. Altre notizie sul personaggio emersero con la pubblicazione del terzo
volume dei verbali della Società psicoanalitica viennese nel 1975. I materiali
scoperti a Ginevra danno ben altra luce al contributo che Sabina dette allo
sviluppo della teoria psicoanalitica. Questi contributi, come la protesta di
paziente e amante, furono allora ed hanno continuato ad essere volutamente ignorati.
Un esempio appunto di negazione della soggettività femminile! ( Ma va anche
detto che la dimenticanza di questo personaggio è dovuto alla scarsa attenzione
che la psicoanalisi ha per la ricostruzione del suo sviluppo storico).Dalla
vicenda di Sabine emerge una delle questioni femminili centrali: quella della
soggettività negata ovvero il mancato pubblico riconoscimento della capacità di
poter pensare e produrre teoricamente delle donne, a cui, spesso, gli uomini
attingono strumentalizzandole. Nel Diario ritrovato, Sabina, che ha collaborato
con Jung, esprime chiaramente il timore che questi si appropri, “rubi” le sue
idee, timore confermato da alcuni brani
di lettere inviate da Jung sia a Sabina
che a Freud. Ammette con Sabina “una
segreta intersezione e penetrazione dei pensieri”, la possibilità che lui possa
aver copiato da lei, mentre con Freud esprime giudizi non troppo lusinghieri sui
lavori di lei. Lettere di sapore ambiguo e manipolatorio che non ci saremmo
aspettati da un grande come Jung: ma ogni grande uomo ha una grande “Ombra”
come Jung stesso ci ha insegnato. Al pubblico comune Sabine Spielrein arriva
con “Prendimi l’anima” di R. Faenza
(2003), che coglie soprattutto la grande passione amorosa che unì Jung e Sabine, fino all’epilogo tragico della morte di
Sabine, ebrea, nella sinagoga di Rostov per mano dei tedeschi. Il film di
Cronenberg “A dangerous method” (2011)
presenta solo una fase della storia di Sabine Spielrein, quella che va dal 1904
al 1913, ma ricostruisce in modo fedele, attenendosi all’omonimo saggio di John
Kerr, il triangolo Jung- Freud –Sabine
e mettendo in luce i primi sviluppi della psicoanalisi. Il film però rimane piuttosto freddo né
lascia trasparire la tragicità della vita di Sabine. Ma né Faenza né Cronenberg hanno reso giustizia a
Sabine Spielrein come brillante, acuta teorica
pioniera della psicoanalisi.
Ben diverso il film- documentario di Elizabeth Marton “Mi
chiamavo Sabine Spielrein”(2002) che ricostruisce fedelmente, sulla base
dei documenti storici, la vita di Sabine soffermandosi sull’infanzia e sull’adolescenza
(che quasi presagiscono il suo successivo sviluppo, le sue scelte di vita, la
tragicità dell’epilogo ) restituendoci, anche, l’intellettuale e la forza delle
sue idee. Il tutto senza nessuna
concessione a facili dettagli morbosi e
scabrosi. Il film utilizza il recitato degli attori, la ricerca iconografica,
la lettura di frammenti delle lettere e del diario. Un lavoro, quello della
Marton, che ci dà una immagine di Sabine,
donna e scienziata, più realistica ed equilibrata sempre però tragica ed
inquietante. Un buon tentativo di renderle giustizia!
Il film ci racconta,
dunque, alcuni episodi dell’infanzia, della fanciullezza e dell’adolescenza di
Sabine: le aspettative del nonno rabbino che le dice “Tu farai grandi cose”, la
morte della sorella per tifo, l’eccitazione sessuale provata dinanzi al padre
che picchia il fratello sulle natiche, le crisi isteriche della madre, il suo
desiderio di creare e di dare la vita (di essere come Dio), infine gli
invischiamenti affettivi triangolati con la madre: il professore che
successivamente morirà suicida, e lo zio. Sabine entra al Bulghorlzy nel 1904. “Ero
ancora una bambina .. andavo vestita modestamente con la treccia sulle spalle…”
sciverà a Freud nel 1909. Vi rimane 8 mesi. Si scriverà, una volta dimesa, alla
facoltà di medicina per laurearsi, alcuni anni dopo, in medicina con una tesi
in psichiatria nel1911. Era stato durante i primi anni di analisi con Jung che
Sabine aveva incominciato a pensare di diventare psichiatra: Jung era diventato
il suo modello. Dopo la dimissione il rapporto con Jung continuerà, oscillando
tra la collaborazione professionale, la terapia, l’amicizia ed ,infine,
l’amore. Il film della Marton segue passo passo la vicenda utilizzando
fedelmente i carteggi e il Diario ritrovati a Ginevra. Un anno dopo l’uscita di
Sabine dall’ospedale (1906), Jung inizia
la corrispondenza con Freud. In una lettera gli chiede aiuto per un caso
difficile (lo scambio epistolare diventerà la relazione ”La teoria freudiana dell’isteria”di Jung al Congresso di Amsterdam-1907).Nel
marzo del 1907 Jung, insieme alla moglie
e a Ludwig Binswanger, si era recato a Vienna, in visita a Freud. Un anno dopo
gli scrive che una paziente vuole un figlio da lui. Nel giugno del 1908 Jung invia a Sabine una
lettera da cui è evidente che l’amicizia e la collaborazione si sono
trasformati in un’altra cosa: “Con la sua lettera impertinente lei ha
vigorosamente preso il mio inconscio tra le mani”. Ma dopo l’estate Jung
incomincia ad avere dei ripensamenti, incomincia a valutare la situazione e
teme un possibile scandalo. Intanto a novembre nasce Franz, il primo figlio di
Jung. Il 4 dicembre Jung, che continua a vedere Sabina, le scrive una lettera
in cui le chiede un chiarimento sulle sue intenzioni: adesso è lui il malato,
lui ha bisogno di quello stesso interesse spassionato che lui un tempo ha dato
a lei; vuole un amore gratuito che non lo dissangui. Sabina vuole un figlio da
Jung: un nuovo Sigfrido nascerà dalla loro unione, un eroe che pacificherà il
mondo. Sabine Spielrein aveva competenze musicali (riprenderà molti anni dopo a
suonare). Le opere di Wagner erano tra le sue preferite. Fu fortemente
influenzata dalla saga di Sigfrido, l’eroe più importante della mitologia
teutonica, protagonista di molte e diverse leggende popolari. Sigfrido, pur
essendo un eroe, ha bisogno del sacrificio di una donna (Brunilde), della quale
diventa salvatore ed innamorato. Sabine aveva la sensazione di essere attesa da
un grande destino e nello stesso tempo di dover compiere un grande sacrificio
E’ probabile che il“complesso di Sigfrido” si sia sviluppato nel1906. E’
probabile che il“complesso di Sigfrido” si sia sviluppato nel1906. E comunque
ne aveva parlato a Jung. Sigfrido sarà un’ossessione per Sabine. Rimprovererà
Jung di non averle concesso Sigfrido fino ad una lettera del 1918.
Nel marzo del 1909
Jung scrive a Freud per avere consiglio dandogli una sua versione dei fatti:
una paziente ha deluso la sua fiducia e rischia di provocare uno scandalo
perché lui non ha voluto darle un figlio.
Nel giugno successivo Sabine scrive a Freud chiedendogli un colloquio. Freud
chiede spiegazioni a Jung. Questi dà la sua versione dei fatti:Sabine voleva
sedurlo e, siccome si è rifiutato, adesso si sta vendicando. Freud che ci tiene
a Jung (pensava a lui come al suo successore) gli crede: le donne sono capaci
di mettere in moto molte astuzie per raggiungere i loro scopi! (Colpisce come
il fondatore della psicoanalisi non riesca a sfuggire ai luoghi comuni e ai
pregiudizi maschilisti nei confronti delle donne). Sabine scrive a Freud
dandogli la sua versione dei fatti (10-6-1909): “Egli predicava la poligamia..4
anni e mezzo fa era il mio medico, poi è diventato l’amico, poi ‘poeta’
(amante)”. Intanto la madre di Sabine riceve una lettera anonima
(presumibilmente inviata da Emma, la moglie di Jung) che la informa della
situazione. La madre di Sabine scrive a Jung chiedendogli spiegazioni e
pregandolo di non danneggiare sua figlia dopo averla salvata. Jung risponde con
una lettera (10-6-1909) che ha destato molto scalpore per la durezza di Jung e
la sua apparente venalità: è stato facile abbandonare il ruolo di medico perché
non ha mai percepito alcun onorario. Un onorario di 10 franchi garantirà
l’osservanza del ruolo di medico senza alcun altra implicazione.(Il denaro,
com’è noto, segna, nella tecnica psicoterapeutica, il confine della terapia.)
Segue, due giorni dopo, una lettera di Sabine a Freud: si diffonde su alcuni
particolari della relazione e gli narra dell’ultimo burrascoso incontro con
Jung che ha sanzionato la fine della relazione affettiva. Segue un’altra
lettera in cui rimprovera Freud: “Neanche il grande Freud”così lo apostrofa “
riesce sempre a rendersi conto delle sue debolezze”(20-6-1909). Sabina ottiene da Jung che dica chiaramente a
Freud come realmente sono andate le cose. Freud accetta il pentimento di Jung,
anzi è molto benevolo con lui (“che cosa non gli avrebbe perdonato!”), solo lo
ammonisce per non aver ancora acquisito quella “freddezza” necessaria al lavoro
terapeutico:”Non dobbiamo mai permettere che i pazienti ci facciano impazzire”.
( Fu proprio a seguito del caso
Jung-Sabine che Freud pose la questione della contro- traslazione e riconobbe
alla scuola analitica zurighese (Jung) il merito di aver posto la necessità di
una analisi didattica per l’analista. Freud consiglia all’analista, per tutelarsi
dal transfert erotico, l ‘ ”indifferenza” termine che sarà sostituito da quello
più noto di “neutralità”. Ma questo segnerà anche nella scuola analitica la
dimenticanza del ruolo fondamentale che l’analista come persona dotata di
emozioni e sentimenti ha nella relazione analitica). Freud(24-6-1909) scrive a
Sabina chiedendole scusa e ammettendo di aver sbagliato. Nello stesso tempo la
invita a chiudere con dignità il conflitto. Sabina continuerà ad avere un
rapporto amicale e di collaborazione con Jung “per una reciproca comprensione
delle anime e comuni interessi spirituali”. E’ davvero paradossale come in una
lettera (fedelmente riproposta dal film) di qualche anno dopo (1913), quando
ormai si è consumata la rottura definitiva con Jung, Freud fa notare a Sabine che non si è liberata dell’amore per Jung
perché non gli ha espresso l’odio che prova per lui.(In quel tempo il conflitto
Jung-Freud aveva portato ad una
definitiva separazione dei due e Sabine
voleva aiutarli ad una pacificazione. Ma, molto probabilmente, il senso
era quello di riunificare le sue parti
interne: il ruolo della sessualità nella vita psichica e le nuove prospettive indicate da Jung).
Sabina, intanto, nel
1911 si era avvicinata a Freud ed era entrata nel circolo psicoanalitico del mercoledì
a Vienna, dove avrebbe presentato il
testo famoso “La distruzione come causa
della nascita”. Nel 1912 sposa un medico ebreo, improvvisamente. Nel 1913
nasce Renata, la prima figlia. Il nome di Jung non comparirà più nei lavori di
Sabine che continuerà però a scrivergli fino al 1918. Gli manda i suoi sogni e
continua ad interrogarlo sulla sua analisi. Sabine si trasferisce a Berlino, vive in
ristrettezze economiche e per guadagnare
incomincia a tradurre in russo le opere di Freud. Intanto ripensa la sua scelta
professionale e torna alla musica. Nel 1920 viene fondata la società
psicoanalitica a Ginevra. Ci sono Claparède, Piaget, De Saussure. Sabina vi si
trasferisce e alloggia al Palais Wilson. In questo periodo scrive saggi
importanti. Intanto in Russia, in seguito alla rivoluzione del 1917, le cose
sono cambiate. Il nuovo regime politico sembra essere aperto alle innovazioni e
all’Occidente. Nel 1923 Sabine, con l’approvazione di Freud, si trasferisce a
Mosca dove fonda l’Asilo Bianco basato su principi psicoanalitici. Esso diventa
un istituto di riferimento: vi aderiscono Luria e Vygotsky. Ma dopo un anno e
mezzo si trasferisce a Rostov ,la città natale. Intanto si riappacifica con il
marito. Nasce Eva. L’ultimo periodo della vita di Sabine è difficile a causa
delle difficoltà economiche e dei molti lutti. Il regime ha cambiato opinione
in merito alla psicoanalisi e Sabine trova difficile lavorare. Sembra che la
sua vita si restringa sempre più. Nel 1930 muore il marito. Nel 1934 i tre
fratelli, perseguitati dal regime, vengono trucidati. Nel 1938 muore il padre.
Negli ultimi anni di vita conduce una vita grama:vive in uno scantinato quando
arrivano i tedeschi in città nel 1941. Sabina, fiduciosa nella superiore
cultura tedesca, non crede al loro antisemitismo
e si consegna a loro. Viene trucidata insieme alle figlie nel 1942. Aveva
scritto nel Diario: “Mi
chiamavo Sabine Spielrein.. Anch’io ero un essere umano”
Maria Felice Pacitto
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